Os-sessismo: l’insostenibile peso dell’essere

ossessismo1Di questi tempi è difficile fare una distinzione tra quello che è lecito o non lecito pubblicare, ma con un po’ di buona volontà, appellandosi alla propria coscienza, ognuno potrà rilevare le dovute differenze e rintracciare a monte – per godere o meno gli effetti a valle – le intenzioni che ispirano certi titoli, certi articoli e pure certe vignette…

Un atto offensivo, verbale o simbolico che sia, può interessare una o più persone e possedere numerose declinazioni possibili. Un’offesa non è un fatto oggettivo e, quando si ha la possibilità di rilevare le circostanze e le cause che l’hanno determinata, si riesce a fare una stima effettiva del suo potere caustico. Talvolta si ravvisa quel che di orribile dicono, in realtà, parole o gesti apparentemente inoffensivi, mentre altre volte si può trarre da un’offesa la simpatica osservazione che è, o l’interessante sottolineatura che propone, quando non la necessaria irruenza che richiede, e che si manifesta come un’invasione di campo (semantico) che a volte è tanto fantasiosa quanto divertente e innocua e, quindi, tollerabile. L’ultimo caso descritto corrisponde a quello che definiamo satira, un’operazione espressiva sagace, talvolta sgradevole che, in verità, intende puntare il dito su ben altre sgradevolezze. La satira consiste proprio nel far leva sul potere offensivo di certi costrutti (di natura sessuale, politica o religiosa) per sollevare una critica su eventi di cronaca attuali. In una satira efficace le fattezze dello scherno (che consistono in parole, immagini, video, fotografie, vignette etc…) non sono l’oggetto della critica, ma rappresentano più che altro un mezzo. E questa è la ragione per cui la carica offensiva non ha sede nella rappresentazione in sé, ma al limite nel suo intento originale, al quale bisognerebbe risalire.

ossessismo2Le recenti questioni che hanno interessato il titolo de Il Resto del Carlinole tre cicciottelle” e la vignetta apparsa su Il Fatto Quotidianolo stato delle cos(c)e” sembrano dirci che, vuoi per differenze socioculturali, vuoi per onestà o disonestà intellettuale, vuoi per ragioni di interesse o disinteresse, non sempre si rintracciano le intenzioni manifeste – figurarsi quelle occulte – che danno vita a certa produzione mediatica. L’intento dietro al titolo de Il Resto del Carlino dedicato alla sconfitta delle tre arciere italiane non è evidentemente né satirico, perché non muove alcuna critica alla prova sportiva, né può avere una missione comica o “affettuosa”, perché l’oggetto dello scherno non è la gara, ma il corpo delle atlete coinvolte. Oltretutto il titolo è a capo di un articolo su una manifestazione sportiva, nella pagina sportiva di un quotidiano e non all’interno di una rivista scandalistica. L’intento è piuttosto quello di catalizzare l’attenzione del lettore non puntando sull’informazione, ma sfruttando un elemento dissonante (la fisicità delle atlete). L’effetto prodotto è duplice: l’informazione è trascesa e la ciccia delle atlete diviene l’oggetto del discorso. Ecco come una notizia di sport diventa un titolo che si occupa di corpi di donne in maniera arbitraria e fuori luogo. Ecco come un “cicciottelle” semplicemente offensivo, a causa della sua gratuità, diventa il tema principale di un titolo – svilendo il ruolo e il valore dell’impresa di tre atlete – e gli restituisce una connotazione sessista.

Tra parentesi, io ci credo pure che l’intento manifesto di quel titolo non fosse sessista, anche se a leggere l’intervista successiva di Tassi nutro seri dubbi sul candore delle sue posizioni, tuttavia credo che un direttore di un giornale che si affida ciecamente ai suoi collaboratori e si serve delle parole in maniera così incauta, forse il suo mestiere “non lo sta facendo nel modo giusto”.

ossessismo3Altra storia la vignetta di Mannelli apparsa su Il Fatto Quotidiano, il cui intento è chiaramente di natura satirica. L’immagine, che ritrae il ministro Maria Elena Boschi con le fattezze di una giunonica bellezza della quale sono poste in evidenza le cosce, è accompagnata dal titolo “Riforme: lo stato delle cos(c)e”. Diversamente dal titolo de Il Resto del Carlino, qui la fisicità del ministro e l’informazione da trasmettere sono strettamente correlate. Il rapporto, stabilito attraverso il gioco di parole e la procacità caricaturale del disegno, ha una funzione critica rispetto all’operato del politico di cui, secondo il vignettista, resta solo il ricordo di due belle cosce. Mi ripeto: la satira consiste nel far leva sul potere offensivo di certi costrutti (qui il ritratto della Boschi scosciata) per sollevare una critica su eventi di cronaca attuali. Il messaggio, in questo caso, non è fuorviato dalla sua “messa in opera” e resta chiaro, è espresso non ambiguo, è cercato non gratuito. La rappresentazione di Mannelli fa leva su quella che per lui è una qualità fisica e attiva della Boschi (le gambe) per sopperire a quelle che invece rappresentano inidoneità e inazione (le riforme mancate). E’ sessista? Anche, come sono blasfemi, immorali, razzisti e volgari migliaia di altri interventi satirici che di  “ismi” si nutrono e campano. Il vero problema della vignetta, però, sta nella debolezza della vis critica, nella banalità del gioco di parole e nel fiacco effetto finale. ossessismo4Nonostante tutto, rientrando a pieno titolo nella satira, essa fa parte di quelle formule d’opinione che non intrattengono con il pubblico nessun rapporto di veridicità, imparzialità e correttezza, la cui presenza sulle pagine de Il Fatto Quotidiano è giustificata nella misura in cui essa è accessoria e non si sostituisce o si confonde al e con l’informazione, diversamente dalla stupidissima uscita de Il Resto del Carlino.

Le repliche sono terminate.