It Follows dagli anni Ottanta alle nostre spalle

itfollowsBNon stupisce affatto che It Follows (David Robert Mitchell, 2014) sia tanto piaciuto al noto regista John Carpenter, dal momento che il film di Mitchell possiede più di qualche affinità con l’opera omnia del Master of Horror e, soprattutto, con il suo indimenticabile Halloween (1978).

It Follows è quello che, in genere, viene definito “piccolo horror”. Piccolo perché frutto del lavoro di un regista agli esordi, piccolo perché realizzato con un budget limitato, piccolo perché ambasciatore di un’idea semplice. Tuttavia, nonostante le verità sopraesposte, il film possiede tutte le caratteristiche dei grandi film. E’ costruito con sensibilità e zelo, è ricco di raffinate citazioni e, infine, riesce lì dove molti horror, per una ragione o per l’altra, falliscono: terrorizza. Già da sola, la modalità adottata per le numerose citazioni la dice lunga sul valore attribuito da Mitchell alla cinematografia di genere. Egli, infatti, non si limita a richiamare elementi di scena, oggetti e personaggi dai grandi classici dell’horror – un recupero che, di solito, tradisce più una natura manierista che significante – ma seleziona accuratamente precise soluzioni di regia, quelle più adatte a comunicare una sensazione, un’atmosfera o una situazione drammatica, e se ne serve reimpiegandole armoniosamente all’interno del suo film. Per questa ragione, e in maniera quasi impercettibile, It Follows restituisce, assieme a una buona dose di inquietudine, un clima familiare molto angosciante, capace di sommarsi e deflagrare alla prima deviazione di macchina (da presa). Fin dalla prima sequenza – disorientante sia sul piano immediatamente narrativo, sia su quello estetico (fortemente allusivo) – un long take di 1 minuto e 50 composto da una panoramica circolare realizzata su un carrello che, per un attimo, sembra volersi avvicinare alla giovane che si arresta sulla strada, introduce lo spettatore in una sorta di trappola visiva suggerendogli fin da subito in che razza di incubo sia finito. Si tratta di uno degli intro più efficaci, seppur meno moderni, apparsi nell’ultimo ventennio di cinema horror. Ne capiremo la portata solo proseguendo la visione.
itfollowsCLa forza e il fascino di It Follows risiedono proprio in questa capacità di giocare con i movimenti di macchina, introducendo nel campo nuovi e continui motivi di preoccupazione. Non sono presenti exploit sonori, così come non appaiono controcampi a sorpresa. L’orrore è introdotto con mestiere e intelligenza e, soprattutto, con estrema cautela. Alla fine non si sa più dove posare lo sguardo perché, dall’offscreen alla profondità di campo, ogni spazio o direzione consentono un accesso indesiderato. Croce e delizia di It Follows è poi quella scelta narrativa per cui nessuno, oltre al diretto interessato, può distinguere l’avvento del Male. Ne consegue, in termini di regia, una libertà nella ricerca e nell’allestimento davvero spettacolare. La sequenza horror ambientata sulle rive del lago, calata in un’atmosfera rilassante e divertente, denuncia con forza l’atrocità dell’isolamento vissuto in mezzo agli altri e l’impossibilità di condividere la paura che può prenderti alle spalle quando meno te l’aspetti. Oltre all’approccio drammatico, poi, si scopre che It Follows possiede anche uno spirito giocoso, ironico, mutuato anch’esso dalla poetica horror degli Eighties. La solitudine della maledizione, infatti, finisce per produrre alcune situazioni esilaranti in cui le paranoie si risolvono in timori infondati… Carpenteriani sono anche i campi lunghi, i flemmatici movimenti a incedere e retrocedere della macchina da presa che scivola e mostra, con dovizia di particolari, gli ambienti e i gesti apparentemente irrilevanti dei personaggi. Solo così, nel rapporto con il tutto, è possibile per lo spettatore imparare a distinguere le difformità dell’anonimia, i luoghi poco sicuri e le figure inumane che tanto ricordano, nelle movenze e nelle ingannevoli soggettive – in realtà oggettive irreali – gli indolenti ma implacabili zombie romeriani. La colonna sonora, infine, accompagna in maniera deferente ma dileggiante ogni accadimento, trasformandosi ben presto in un avvertimento molesto ed estenuante.

itfollowsDCiò che resta di piacevolmente contemporaneo in It Follows – dal momento che nemmeno l’ambientazione lo è – sono i primi e i primissimi piani frontali introdotti ad hoc per rilevare gli impercettibili cambi d’espressione dei volti e per scrutare nell’anima dei personaggi. Emerge da poche ma studiate inquadrature l’esigenza di far trapelare l’emotività, i sentimenti vissuti a ridosso della paura e del disagio che rivelano la speranza e il desiderio di serenità. In questo, It Follows, manifesta la sua natura intimista e il suo rapporto con l’orrore elegantemente riflessivo, suggerendo che la paura ha sì radici lontane, ma anche molto profonde…

Le repliche sono terminate.