Sense8 e la cristallizzazione del kitsch

sense81Che cosa sia kitsch riusciamo a intuirlo più o meno tutti. Definirne i confini, estetici e ideologici, è però un’impresa più ardua. Ardua perché il kitsch non possiede una conformazione prestabilita e rivela, nelle diverse circostanze in cui fa la sua apparizione, una natura plastica che può permettergli di passare agilmente da uno stato armonico a uno disarmonico. Il kitsch non è, a priori, una caratteristica negativa e, come tutte le forme connotative, tende a subire l’azione indiretta del contesto. Se il contesto è capace di garantire una certa fissità – di intenti come di struttura – il kitsch manterrà una sua  coerenza formale (di kitsch compiuto e voluto o di kitsch accidentale e indesiderato). Qualunque oggetto presente in una mostra, ad esempio, può apparire sia conforme sia difforme a seconda del tipo di esposizione in cui lo si collochi, al punto che pure un’aggraziata scultura greco-romana, all’interno di un’esposizione ultramoderna, produrrebbe un immediato effetto kitsch.

Secondo gli studi sulla percezione, l’attribuzione del kitsch è una risposta che formuliamo nel momento in cui ci accorgiamo che un dettaglio (o una serie di dettagli) non appartiene alla realtà che stiamo vivendo e che accettiamo come naturale e coerente (in termini culturali). Si tratta di stonature rispetto al contesto che possono essere di ordine spaziale e/o temporale, ma soprattutto in contrasto con un immaginario declinato al presente (la mitologia, la produzione artistica, la pubblicità realizzata fin’ora), depositario accezioni, attributi e valori in continuo accumulo. Il kitsch, quindi, non resta sempre kitsch, non è kitsch in ogni dove, ma soprattutto non è kitsch per tutti e dipende piuttosto dal bagaglio culturale di ognuno.

sense82Del kitsch, quindi, non ci resta che rilevare solo un paio di aspetti, ricorrenti a tal punto da permettere, su larga scala, un riconoscimento unanime (e che esuli un rifiuto per questioni puramente morali). Il primo è la ridondanza. Se assegniamo il termine kitsch è perché avvertiamo che, di quella cosa o quel dettaglio, se ne potrebbe fare a meno, per altro a vantaggio del contesto. Mentre il secondo è la contraffazione. Se qualcosa ci sembra kitsch è perché mostra i segni di un’alterazione estetica, materiale, ideologica e/o funzionale che percepiamo come posticcia.

Quando si tratta di stabilire cosa ci sia di kitsch in certi prodotti audiovisivi, o anche solo in certe sequenze e inquadrature, la classificazione e la localizzazione si fanno piuttosto complicate. Per quanto riguarda l’audiovisivo vale senz’altro ciò che è stato detto finora, con l’aggravante che le immagini, essendo in movimento, tendono ad agevolare l’effetto di plasticità del kitsch. Kitsch possono essere i dialoghi, le interpretazioni attoriali, le scenografie, ma anche le inquadrature, gli effetti di montaggio, la fotografia, fino alla simbologia e alle tematiche utilizzate. Tuttavia, ciò che sembra kitsch in una scena può non esserlo in quella successiva, pertanto l’individuazione di questa caratteristica, al cinema come in televisione, resta un esercizio abbastanza sterile.

Ci sono prodotti, però, in grado di produrre, attraverso numerosi canali, effetti di ridondanza e contraffazione tali da realizzare una vera e propria coralità del kitsch, una coralità capace di scardinare qualsiasi missione comunicativa. La reazione che si prova di fronte a questi prodotti è, in genere, l’incredulità.

sense83Al fronte di tante curiose recensioni ho deciso di dedicarmi alla visione di Sense8 (Wachowski Bros., 2015), l’ultimo nato in casa Netflix e il primo a farmi provare quella strana sensazione di incredulità. Un po’ perché la piattaforma ci aveva abituati a un certo standard di qualità e un po’ perché resta la banalità il difetto più comune tra le serie tv che non appassionano, non mi sarei mai aspettata qualcosa di così inconciliabile con l’attuale produzione culturale. Sense8, nel voler combinare più elementi (location, personaggi, culture, storie) finisce per livellare e annientare ogni tipo e motivo di informazione: i luoghi, incapsulati e stereotipati, ridiventano set; i personaggi, americanizzati e spersonalizzati, risultano inverosimili; le culture di riferimento sono cancellate o banalizzate; le singole storie (vanificate già entro il primo episodio) appaiono del tutto ridicole, marginalizzate sia dalla scontata storia portante e collante, sia dall’enfatizzazione dei risvolti omosex, bisex e transex. L’effetto kitsch, in questo caso, ha origine in una generale sciatteria narrativa in cui tutto è minimizzato e trascurato, ma dove trovano uno spazio eccessivo le caricaturali condizioni e situazioni LGBT. Sul piano dell’economia narrativa tale soluzione appare del tutto ingiustificata e diventa impossibile non restare perplessi di fronte alle tante scene in cui nulla accade se non la celebrazione della sessualità espressa e/o inespressa, ostentata e/o celata dai goffi intermezzi teatrali, introdotti come spot che spezzano il decorso degli eventi. La cosa, poi, si ripercuote sul montaggio. Scandito da un classico ritmo “fantathriller”, ripartito banalmente tra suspense e rivelazioni, stonano le lunghe e/o ridondanti inquadrature dedicate al sesso. La scena in cui uno strap-on viene scagliato sul pavimento, dopo il focoso amplesso tra la bellissima afroamericana Amanita e la californiana transessuale Nomi, seguita da un dettaglio sull’oggetto umido di umori, appare totalmente in contrasto con la situazione diegetica, l’atmosfera e il contesto generale. E’ kitsch. Ma la serie tv è satura di momenti simili. Penso alle sequenze in cui Lito tenta di sedare un’erezione all’interno della sua roulotte, o ancora in camera da letto, con il suo amante, alle prese con una collega  ninfomane e ficcanaso. Sequenze, peraltro, condite da una recitazione e da dialoghi grotteschi, ben distanti dal registro drammatico utilizzato per la storia principale.

sense84Purtroppo la celebrazione del kitsch pare estendersi ben oltre la costruzione di alcune scene, e arriva a intaccare l’intero sistema (auto)referenziale. Ogni relazione stabilita tra i personaggi, le storie e le atmosfere rimanda inevitabilmente a un corpus narrativo obsoleto, più volte riciclato, poco stimolante. Da Bound a Cloud Atlas, passando inevitabilmente per Matrix, ritornano come tediosi mantra situazioni e idee già viste, già trattate e prive qui di un reale principio generatore. Il risultato è un collage di immagini in cui il kitsch è stato immortalato, cristallizzato senza la possibilità di evolversi o trasformarsi in qualcos’altro, o di suscitare un interesse di qualunque tipo.

Le repliche sono terminate.